Hanno fatto scalpore negli Usa le dichiarazioni, di recente rilasciate a Newsweek, da Walter Willet, capo della nutrizione della Scuola di salute pubblica dell'Università di Harvard.
"I paesi con più alte assunzioni di calcio" ha dichiarato lo studioso, "hanno le percentuali più alte di fratture; non le più basse". I grandi amanti di latte e formaggi, norvegesi, svedesi, americani hanno un'incidenza di fratture tra la popolazione di molte volte superiore a quella che si registra in Cina continentale, dove non si beve latte.
Così, Italia e Singapore, Francia e Giappone, hanno le stesse percentuali di incidenza di fratture, pur non essendoci latticini nelle tavole degli asiatici. Vuol dire che la salute delle ossa non dipende esclusivamente dalla quantità di calcio che assumiamo, ma da altri fattori: nutrizionali, comportamentali, altri legati agli ormoni e all'immunità.
Del resto sull'American Journal of Clinical Nutrition (febbraio 2003), il Graham Colditz, epidemiologo della Harvard Medical School di Boston, presentò i risultati di un'indagine che ha interessato oltre 70mila donne in post-menopausa, seguite per 18 anni con accurati controlli su dieta, uso di supplementi e alle fratture ossee intervenute.
Le conclusioni furono inappellabili: "Né il latte né una dieta ad elevata quantità di calcio proteggono l'osso. Al contrario, un'adeguata assunzione di vitamina D riduce il rischio di fratture".
Conclusioni, che, tra l'altro, possono spiegare il mistero dei (pochi) studi positivi a favore del calcio: che hanno sempre utilizzato calcio e vitamina D insieme: l'effetto favorevole potrebbe quindi dipendere dalla vitamina e non dal calcio.
Ora un nuovo tassello da inserire nel mosaico. Un lavoro tedesco, pubblicato recentemente sempre su American Journal of Clinical Nutrition, chiarisce che c'è un rapporto tra acidità e calcio fissato nelle ossa. Un sospetto non nuovo, ma ora ricercatori di Dortmund danno una prova definitiva, decidendo di studiare bambini e adolescenti ed eliminando ogni possibile equivoco relativo al buon funzionamento dei reni dei soggetti in studio: giovani sotto i 18 anni si presume li abbiano in buona forma.
Nei 229 ragazzi, studiati per 4 anni, è stato possibile dimostrare, con la tomografia computerizzata, che chi aveva un carico acido dietetico superiore aveva una minore contenuto di minerali nell'osso. Inoltre, anche questo studio ha documentato che "un'assunzione a lungo termine di calcio non ha effetti significativi sull'osso".
Ma qual è il meccanismo con cui si realizza la perdita di calcio? Una dieta ricca di proteine animali (in carne e anche nei formaggi) è fortemente acidificante e costringe i reni a produrre un sovrappiù di sostanze tampone. In questo lavoro vengono sottratti calcio e altri minerali dalle ossa.
Di qui il "paradosso": un eccesso di calcio introdotto con una dieta ricca di formaggi può avere come effetto finale un eccesso di perdita di calcio dalle ossa. Ma il sistema per risolvere il paradosso c'è: aumentare la quantità di alimenti basici, in grado di tamponare l'acidità. (...)
[da La Salute di Repubblica - 2 febbraio 2006 - Francesco Bottaccioli] |